Intelligenza artificiale

Intelligenza artificiale: come cambiano le app

| 2 Agosto 2019 | Lino Castrovilli
cropped app intelligenza artificiale Instant Developer

“Ci conosciamo da una vita eppure sai ancora come sorprendermi”. Se qualcuno ci rivolge questa frase vuol dire che abbiamo colto nel segno. Siamo rilevanti per qualcuno, sappiamo leggere i suoi cambiamenti e suscitare in lui/lei sensazioni positive. L’apporto dell’intelligenza artificiale nelle app che ogni giorno ci accompagnano fra desktop e smartphone può dare un volto umano a web service e API Rest. No, non arriveremo a sistemi operativi sensuali come Her di Spike Jonze o alle distopie di Black Mirror. E non dovremmo temere la ribellione degli automi come in Blade Runner

Con l’intelligenza artificiale le app prendono vita e assumono le sembianze di oracoli, in grado non solo di rispondere correttamente alle richieste ma di interpretare i comportamenti e sorprendere le persone con suggerimenti su misura. “Come hai fatto a capirlo?” è la domanda che spesso segue l’effetto sorpresa. “Osservo, ricordo, agisco di conseguenza”, risponde l’altro. E così risponderebbe l’intelligenza artificiale, se solo lo sapesse.

App e intelligenza artificiale: amici servizievoli

Siri, Google Assistant e Cortana sono ormai di casa. Ci hanno chiesto una piccola porzione di mensola in cambio di “sempiterna” disponibilità. Per cosa? Qualunque cosa: ricordarci un impegno, fare ricerche su Google, inviare SMS, mettere su un po’ di musica. Ci aiutano a pianificare la giornata, a raggiungere luoghi, persino a scrivere la lista della spesa, il tutto mentre siamo impegnati in ogni genere di faccenda domestica. Oppure, semplicemente, assecondano la nostra pigrizia.

Le persone sono sempre più abituate a usare app senza interfacce grafiche vecchio stampo, ma attraverso la propria voce e il linguaggio naturale. Chi sviluppa oggi non può trascurare questa tendenza.

App e intelligenza artificiale: oracoli saggi

Netflix consiglia film e serie TV con cognizione di causa. Spotify è il commesso di un negozio di vinili più preparato di Rob Fleming di Alta Fedeltà. Facebook indirizza la nostra attenzione sulle persone più vicine e simili a noi. Cosa vuol dire? Che tutte le più grandi applicazioni usano la grande mole di dati a propria disposizione per offrire ad ognuno di noi stimoli per scoprire cose nuove, in linea con le nostre inclinazioni e passioni. 

Per le persone, le app sono geni della lampada pronti a soddisfare desideri ancora inespressi, senza neppure sfregare smartphone o telecomandi. Sin dalla fase di progettazione gli sviluppatori devono prevedere dashboard personalizzate in base all’esperienza delle persone. 

App e intelligenza artificiale: scaltri compagni di gioco

Quando le consolle di videogiochi fecero il loro ingresso sotto i televisori di casa, un’intera generazione di giocatori ha perlustrato con minuzia i mondi di Super Mario, le piattaforme di DOOM, i vicoli malconci di Silent Hill. Magari hanno sognato di ripetere le gesta di Messi e Ronaldo con un’edizione di FIFA o di Pro Evolution Soccer. Quindi si sono ritrovati su qualche Forum di discussione per scambiarsi trick e avanzare facilmente con mosse per eludere i controlli del gioco.

Un gioco che non impara a trovare in autonomia le contromosse per tenere sulle spine i giocatori è destinato a non essere più eseguito. Chi sviluppa nel mondo del gaming deve rifuggire la prevedibilità delle mosse, emulando la capacità dei personaggi di osservare le tendenze dei giocatori e reagire di conseguenza.

App e intelligenza artificiale: assistenti intelligenti

Siamo abituati alla lettura sequenziale, all’apprendimento standard delle nozioni. L’esplosione della Rete ha permesso a filosofi e sociologi contemporanei – Pierre Lévy e Derrick de Kerckhove – di concretizzare in un artefatto tecnologico i loro concetti di intelligenza collettiva e connettiva. Esiste un sapere diffuso, di cui tutti ci nutriamo inconsciamente. I big data che lasciamo in Rete ad ogni nostro passaggio contribuiscono ad alimentare questo sapere condiviso sotto forma di dati. Più la tecnologia riesce a “far vedere” immagini e “ascoltare” suoni, più quel sapere diffuso può essere veicolato con sistemi sino a qualche anno fa immaginabili sono nei film di fantascienza.

App come Elsa, in grado di assistere le persone nell’apprendimento dell’inglese, Seek, un’enciclopedia della natura che rivela le specie animali e vegetali di qualunque essere vivente tramite il semplice uso della fotocamera, o Google Lens, capace di associare un’immagine a qualunque aspetto dello scibile umano, sfruttano a pieno l’enorme mole di dati ormai disponibile in rete per avvicinare le persone alla conoscenza. La sfida per chi sviluppa ad alto livello, oggi, è proprio questa: non asservire le persone alle tecnologie ma lavorare duro affinché gli esseri umani possano accedere alla conoscenza nel modo più smart possibile. E chissà, occupare il tempo risparmiato sui libri per immaginare e creare nuove, avveniristiche connessioni.

Lino Castrovilli
Esperto di Digital Transformation
La scrittura avvicina le persone. Ieri le parole scritte mi aiutavano a non arrossire di fronte alle ragazze carine. Oggi, grazie alle mie parole, enti pubblici e aziende dialogano negli spazi digitali con cittadini e clienti: si conoscono sulle pagine web, chiacchierano sui social network, si appassionano sui blog e prendono accordi in chat. Senza alcun imbarazzo.

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